Storicità e Spiritualità

Se l’uomo “psichico” non intende le “cose” spirituali” come possiamo conoscere le spiritualità chiudendola e interpretandola unicamente nel suo contesto vitale? Nel loro contesto storico? Come possiamo affermare che vi sia una spiritualità del ‘700 o dell’800? È un dato acquisito che per comprendere una spiritualità sia indispensabile studiarne il “Sitz im Leben”, il contesto vitale dove si è sviluppata l’esperienza spirituale. Questa categoria ermeneutica del contesto vitale presa in prestito dai biblisti e comunemente applicata ai testi di spiritualità presenta limiti evidenti. Un santo del ‘700 ha lasciato scritto la sua esperienza spirituale: Si studiano le fonti da cui ha attinto l’autore del testo di spiritualità, il contesto sociale in cui è vissuto, le sue sfumature psicologiche, l’influsso del contesto ecclesiale dell’epoca, i destinatari, ecc. Da tutto questo “umus” storico e geografico siamo in grado di comprendere la spiritualità del soggetto in esame? Possiamo far entrare nella categoria del “Sitz im Leben” del ‘700 tutti coloro che hanno vissuto una esperienza intima di comunione con lo Spirito Santo?

«Se ci si tiene fermi all’idea del carattere chiuso e unitario delle epoche storiche […] si soggiace ad una interpretazione dilettantesca del Kairos, la preoccupazione di raggiungere l’uomo del nostro tempo impedirà di raggiungere l’uomo di ogni tempo». (D. von Hildebrand, Il cavallo di Troia nella città di Dio, 178)

«Perciò un effettivo progresso nella via individuale implica la perseveranza e la continuità, la fedeltà ai valori immutabili. […] Il progredire nel senso di una sempre più fedele imitazione di Cristo, di un lasciarsi trasformare sempre più da Cristo, implica univocamente una fede profonda e incrollabile in Lui. […] Il vero progresso si riferisce dunque ad un mutamento positivo della misura in cui si vive conformemente al vero fine della propria vita. » (D. von Hildebrand, Il cavallo di Troia nella città di Dio, 135-136)

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