Il metodo scientifico

Senza voler togliere nulla al valore del metodo scientifico nella sua indubbia capacità critica, utile e necessaria, riteniamo indispensabile distanziarci dall’esasperato scientismo. K.R.Popper nella Logica della scoperta scientifica scrive che il criterio della falsificabilità “è un criterio di demarcazione destinato a demarcare sistemi di asserzioni scientifiche da sistemi perfettamente significanti di asserzioni metafisiche […] le teorie scientifiche sono indispensabili ma non vanno intese come dogmi o articoli di fede, ma come principi relativi (falsificabili) a cui si ricorre per spiegare provvisoriamente la realtà”.

Si tratta dunque di collocare nella ricerca del sapere i modelli scientifici che sono necessari, ma non assoluti e dogmatici, come parte della scienza post-moderna vuole affermare quasi nevroticamente. Il valore del metodo scientifico e sperimentale moderno, che sfocia in una teoria scientifica, non va ricercato nella sua necessità metafisica ma nella sua capacità di spiegare meglio la realtà con una maggiore probabilità rispetto alle altre teorie. La teoria scientifica per sua natura non è assoluta ma probabile, ed insistere sul sapere meccanicistico e strutturale della realtà sfocia in una sorta di feticismo scientifico, espressione di D.von Hildebrand[1] che spiegheremo più avanti.  Il grande filosofo cattolico tedesco, sposato e migrato negli Stati Uniti a causa della persecuzione nazista afferma:

“L’applicazione della matematica all’interno del sapere è una grande novità del diciassettesimo secolo grazie alla convinzione che la mente umana è in grado di conoscere queste connessioni matematiche della natura, tuttavia il determinismo scientista e il positivismo non distingue il metodo filosofico dal metodo empirico presentandosi come l’unica filosofia del sapere, equivocando su come conosciamo, sulla gnoseologia rispetto a cosa conosciamo dei meccanismi che regolano la realtà”.[2]

La vera scienza non ci dice che il reale è solo ciò che si sta studiando, come invece l’empirismo afferma sostenendo che l’unica vera conoscenza è quella che deriva da un analisi empirico induttiva su un dato reale riducibile a fenomeno,  ma si limita a non occuparsi di ciò che non è oggetto del suo studio. L’empirismo, invece, finisce per confondere il reale per l’empirico, confonde la teoria scientifica frutto di modelli scientifici perfettibili con la verità. In oltre mentre l’empirismo sostiene una crescita scientifica soltanto per una accumulazione di dati, il vero sapere scientifico trae esperienza dalla sperimentazione a si apre alla vera ricerca che supera il suo orizzonte. Lo scienziato è capace di superare i suoi schemi per aprirsi con l’intuizione a nuovi modelli che conducono a scoperte scientifiche. È testimoniato dalla storia che le gradi scoperte e i successi scientifici sono da attribuirsi alla all’intuizione in contesti casuali e imprevisti, dove il merito dello scienziato inventore o scopritore è stato nella sua capacità d’osservazione, dinamica e aperta, non nella somma dei dati empirici.

 


[1] D.von Hildebrand, Il cavallo di Troia nella città di Dio, Giovanni Volpe Editore, 1969 Roma.

[2] Idem p.139.

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