Dalla “teofobia del diavolo” alla demonologia cristologica 1/5

Osservazioni ermeneutiche e approfondimenti sulla demonologia

Il disagio teologico e pastorale difronte al tema del «demonio/i» che la Sacra Scrittura abbondantemente affronta nel Nuovo Testamento, si concentra principalmente sulla «natura personale del male»; da un lato, pur non negandone l’esistenza, si rifiuta l’uso del concetto di persona per definire il contenuto delle espressioni bibliche che connotano il male (diavolo, demonio, Satana, il menzognero, il forte, l’avversario, ecc.); dall’altro lato la personificazione del Male assume una rilevanza tale da attribuirgli un potere[1] illimitato nella  vita dell’uomo, un potere tale capace di contrapporlo al Sommo Bene palesando un dualismo manicheo.

Chiarire la questione non è di secondaria importanza perché, come abbiamo affermato precedentemente, la differenza di contenuto incide sull’interpretazione e sul modo di comprendere e trasmettere la fede, nella capacità di discernere il vissuto, nel nostro caso il vissuto dell’esperienza spirituale e mistica.

Se per ora usare il concetto di persona non ci permette di superare l’opposta polarità interpretativa, riteniamo necessario verificare se gli angeli siano creature o se appartengono esclusivamente alla forma linguistica-letteraria della Scrittura e della trasmissione della Fede; ci pare questo un punto chiave che condiziona radicalmente l’interpretazione dell’azione del Maligno nella vita spirituale dell’uomo.

Per esplicitarne le conseguenze ermeneutiche sceglieremo un metodo di con-fronto interpretativo che vedrà da un lato la posizione comunemente riscontrabile nell’approccio teologico contemporaneo rappresentata sinteticamente dal contributo teologico di Walter Kasper[2] e dall’altro l’approfondimento critico della nostra riflessione. La dialettica in teologia è utile per chiarire i concetti ed evidenziare eventuali errori di interpretazione e di metodo. Ritengo che il lavoro del Kasper sia di grande importanza e che resterà nel tempo, avendo sintetizzato la categorie teologiche che hanno caratterizzato la seconda metà del XX secolo e che hanno contribuito ad eliminare la demonologia nella formazione dei Seminari e nei corsi di Teologia, dalla Sacra Scrittura alla Morale, dalla Dogmatica alla Liturgia, dalla Spiritualità alla Pastorale.

A confronto con il pensiero di W. Kasper (sviluppato in 5 parti progressive)

Esposizione sintetica delle argomentazioni di W. Kasper (vedi 1kasper) per una ermeneutica diversa da quella tradizionale sul problema del male con un confronto critico (vedi 1critica). Questo confronto allunga fastidiosamente le nostre argomentazioni, tuttavia il tentativo di demolire alla radice ogni possibile demonologia va contrastato con tranquilla audacia e con pari forza argomentativa. Con questo sforzo analitico delle argomentazioni del Kasper intendo evidenziarne la fragilità dei presupposti filosofici e teologici a favore della interpretazione che ne danno i Padri della Chiesa e il magistero antico e recente. Iniziamo:

 1kasper / L’imbarazzo di fronte al problema del male

L’autore afferma che di fronte al problema del male le posizioni teologiche si dividono. «Delle dimensioni in parte superate e in parte represse, o sprofondate nell’inconscio, di un mondo arcaico, magico e mitico, emergono improvvisamente a livello di coscienza e sprigionano angosce segrete, curiosità pungenti… Gli interrogativi del mito sono anche i nostri interrogativi».

La teologia-demonologia tradizionale è posta in questione senza voler eliminare dalla Bibbia gli asserti che essa fa sul diavolo, Satana, i demoni, principati e potestà del male; ci si chiede in che modo essi debbano venir interpretati. […] Il diavolo è una persona o non una mera cifra per designare una determinata struttura della realtà o determinati fenomeni psichici o parapsichici che oggi potremo chiarire fondamentalmente secondo schemi razionali?

Il giudizio sull’interpretazione tradizionale è esplicito:

la credenza nel diavolo, nella sua figura tradizionale, non è più sostenibile ed ha perso ormai la sua credibilità per tutti i possibili miscugli di superstizione e folclore, ma anche per certe forme orribili di abusi che ha conosciuto nel corso dei tempi. Essa appare un rimasuglio, ormai superato o per lo meno superabile, di un pensiero magico o mitico, inutilizzabile anche con la miglior volontà.

Il male è una questione grave che esige una risposta ma, questa non può consistere nell’affermare che il diavolo esiste o non esiste:

I problemi che qui si pongono sono talmente gravi che non sembra possibile riaffermare semplicemente la dottrina tradizionale […] ma non è possibile nemmeno una semplice negazione di questa dottrina. Il fenomeno del male è un dato d’esperienza incontestabile. Evidentemente il diavolo non esiste nel modo in cui esistono le cose della nostra esperienza quotidiana o gli stessi uomini. Le immagini di cui usualmente ci si serve […] rientrano evidentemente nella fiaba e nel folclore […] risolvere il problema rifiutando semplicemente queste espressioni così poco serie, anzi umoristiche, non significa affatto risolvere il problema serio del male […] la risposta al semplice interrogativo se il diavolo esista o meno, in definitiva non dipende affatto da ciò che in questo contesto significhi «esiste», da quale cioè il senso di un enunciato sulla sua esistenza o non esistenza […] si tratterà quindi più di porre il problema del male che di risolverlo in maniera conclusiva.

Il male è un’esperienza concreta, il diavolo no. Si confonde il male morale con il diavolo e si cerca di dimostrare che il diavolo non esiste come esperienza morale concreta. Contraddicendo sul piano metodologico quanto affermato, il Kasper si chiede se il problema non debba essere posto in una cornice, in un piano diverso da quello concreto che è quello filosofico e teologico.

  1critica/ I demoni sono creature di natura spirituale

L’ipotesi di partenza che implicitamente fa riferimento all’interpretazione freudiana da un lato non ha alcun fondamento scientifico e dall’altro si pone dall’angolatura delle scienze positive per interpretare il dato biblico e teologico, compito che non appartiene allo statuto epistemologico delle stesse. La genesi di tutta la critica, che non risparmia aspre  e ironiche espressioni alla demonologia tradizionale, non sorge come ci si aspetterebbe all’interno di un quadro teologico e filosofico ma psico-sociologico, assumendone le istanze critiche senza un ponderato senso critico sul piano del contenuto e del metodo. Evidentemente nell’assumere questi criteri ermeneutici sulla questione del male l’autore non intende, e del resto non lo potrebbe, escludere il dato biblico sull’esistenza del male; la questione è sul come debba essere interpretato respingendo alla radice ogni ombra interpretativa tradizionale, che a dire dell’autore è «causa di orribili abusi» nel passato. Dal punto di vista metodologico, non potendo negare direttamente la dottrina tradizionale, il problema del male viene considerato nel suo insieme sul piano fenomenologico e sociologico senza l’intenzione esplicita di darne una spiegazione conclusiva; semplicemente un dato esperienziale che non può essere negato. Sul piano del contenuto dobbiamo constatare che ci troviamo agli antipodi; per l’autore è essenziale affermare che il diavolo non esiste come essere personale e che il porsi la questione dell’esistenza o meno non ha senso rispetto al problema del male.

Anche per noi, con conclusioni diverse, la prima cornice per collocare il dato esperienziale del male per cercarne una risposta sensata è quello della dimensione filosofica con le dovute premesse.



[1] Un potere che nella magia e nell’esoterismo vuole paradossalmente essere controllato e razionalizzato con «riti e formule magiche» per essere asservito al volere-potere dell’uomo.

[2] Diavoli-demoni-possessione. Sulla realtà del male; W. Kasper, «Il problema teologico del male».

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