3/5 Dalla “teofobia del diavolo” alla demonologia cristologica

3kasper/ La prospettiva teologica del problema del male. Tre enunciati sul male.

L’autore con un primo enunciato di fondo delinea la risposta teologica sul problema del male:

“L’annuncio fondamentale del vangelo è che Gesù Cristo, Signore di ogni realtà, Signore sulla vita e sulla morte, su tutti i principati e potestà del male, si è mostrato una volta per tutte Dio, per cui nella fede noi abbiamo la certezza che alla fine Dio sarà  «tutto in ogni cosa». […] Tutto ciò che teologicamente può e dev’essere detto, in definitiva non è altro che l’esplicitazione di questo enunciato di fondo.”

Un secondo enunciato colloca la dottrina del male all’interno della dottrina della creazione:

“La fede nella creazione attesta quindi che tutto ciò che esiste, esiste soltanto per il fatto che Dio per amore e liberamente lo fa partecipare al proprio essere. Troviamo così enunciata una seconda affermazione sulla realtà del male: il male non possiede una propria realtà in senso vero, poiché ogni realtà è liberamente voluta da Dio, da Lui è chiamata all’esistenza e da Lui nell’esistenza viene conservata come una realtà fondamentalmente buona.”

Il male non è dunque altro che un nulla, è come un vuoto che non ha una consistenza ontologica reale. Il dualismo gnostico-manicheo che accanto al Dio del Bene  vede un principio Malvagio uguale e contrario e il monismo inteso come demonizzazione di Dio in quanto causa del male, sono incompatibili con il messaggio di salvezza.

“Accettata questa duplice delimitazione, la risposta teologica al problema del male dispone di un ambito parecchio ristretto. […] Una volta escluso il dualismo e il monismo, fondamentalmente rimane una sola possibilità, quella di una determinazione storica dell’essenza del male. […] il male si è realizzato attraverso una decisione storica di una creazione dotata di libertà. […] il senso del mondo si realizza soltanto nella decisione storica della libertà creaturale. […] Per quanto concerne il problema del male, questo modo d’intendere la realtà come storia che avviene significa che nella creazione di Dio non abbiamo la realtà del male ma indirettamente soltanto la possibilità di esso.”

Dunque la possibilità di male non deriva dall’imperfezione della creazione ma dalla sua grandezza e dignità che sta nell’aver creato l’uomo libero di scegliere il bene o il male. A questo punto l’autore riconosce che il discorrere teologicamente sul male senza un soggetto finito che personifichi il male è «teologicamente insostenibile». Ma dato che l’emanazione del male non si può trovare nel divino o contro il divino senza cadere nel dualismo e nel monismo non ci resta che «concepire il male come emanazione di una libertà creaturale»[1]. Da qui il terzo enunciato teologico sul male: «Nel fare il male la creatura pretende di sprigionare quelle possibilità che Dio, con la realtà della creazione, ha escluso; di scompaginare l’ordine del cosmo e dar libero corso al caos. Nel male la creatura conferisce potere ad una possibilità che Dio ha escluso in quanto nulla. Il male è il potere del nulla».

Ci si chiede se la responsabilità del male nel mondo, sia dal punto di vista estensivo che intensivo, debba attribuirsi solo agli uomini o se ci debbano essere altri esseri dotati di libertà. Si andrà affermando che l’uomo non potrà assumersi interamente la responsabilità della realtà del male nel mondo. Ci si chiederà quale libertà creata è responsabile del male nella creazione:

“Ovviamente, da simili interrogativi non potremo ricavare alcuna soluzione. Se non vogliamo ricadere in una teologia di postulati, dovremo convenire che la risposta a tali problemi potrà essere raggiunta non sul piano speculativo ma soltanto in base alla testimonianza della Sacra Scrittura e  Tradizione e quindi positivamente. […] deriva dal contesto generale della rivelazione biblica […] l’orizzonte teologico entro il quale si potrà discutere in modo sensato della testimonianza che la  Sacra Scrittura e  Tradizione ci offrono sulla realtà degli angeli e dei demoni. In questa prospettiva il linguaggio simbolico e mitico di cui ci si serve per parlare degli angeli e demoni si manifesta come un potenziale in grado di dischiuderci le dimensioni essenziali della nostra realtà.”

3critica/ Dio liberamente fa partecipe la creatura del suo essere amore e la creatura liberamente rifiuta d’essere partecipe dell’amore di Dio.

Concordiamo ovviamente con il Kasper che Gesù Cristo è il Signore dei vivi e dei morti e che tutto il creato è buono perché esiste attraverso un atto d’amore. Il male non esiste ontologicamente ma solo come libero rifiuto di essere partecipe dell’amore di Dio. Negli altri contributi abbiamo approfondito la questione evidenziando la dimensione escatologica definendo questa condizione di rifiuto dell’amore di Dio senza poterlo spegnere, un Inferno eterno per le creature angeliche e umane. Concordiamo pienamente con l’autore che rifiuta di cercare l’origine del male in Dio e l’origine del male preesistente all’interno dell’uomo, pur dovendo sostenere che non c’è male che non presupponga un soggetto finito, intelligente, libero e volitivo. Le argomentazioni che seguono sono compatibili con la nostra ermeneutica che identifica negli angeli pervertiti l’origine della ribellione a Dio trasmessa agli uomini attraverso la tentazione e l’azione fin dalle origini del peccato.

L’autore tuttavia con l’affermare che è necessario un soggetto finito che personifichi il male non vuole essere frainteso e nella nota al testo interpreta l’enunciato magisteriale con la stessa argomentazione con cui reinterpreta il dato biblico. La testimonianza biblica è presa in considerazione in prospettiva negazionista, considerandola solo in chiave simbolico-mitica, rifiutando l’interpretazione che la Tradizione della Chiesa Cattolica ha mantenuto nei secoli, anche attraverso la testimonianza della vita e degli scritti dei santi.


[1] In questo contesto l’autore colloca un’interessante nota (n. 21) sulla definizione del Concilio Lateranense IV (1215): «Diabolus enim et alii daemones a Deo quidem natura creati sunt boni, sed ipsi per se mali facti sunt» con la propria interpretazione ritenendo «controverso se il concilio abbia in tal modo definito positivamente, anche l’esistenza dei demoni, se cioè l’enunciato vada inteso in modo assoluto o non invece solo ipotetico, sul fondamento della concezione cosmologica del tempo od anche se dal punto di vista dogmatico e normativo ciò che vuol dire è solo che, se dei demoni esistono, questi sono stati creati buoni, e sono diventati malvagi attraverso la loro libertà».

Una risposta a “3/5 Dalla “teofobia del diavolo” alla demonologia cristologica”

  1. Ottimo. Tutto inizia e termina nell’amore che Gesù ci ha insegnato. Ogni elucubrazione mentale termina davanti alla porta dell’amore e la porta è lui:Gesù Cristo il Dio Pastore che ama sempre le sue pecore e non gli fa mancare di nulla.

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